TRIESTE: Manifestazione del 1 maggio e repressione

Sullla manifestazione di ieri  a Trieste (il TG3 parla di oltre cento denunce) riceviamo e volentieri pubblichiamo i seguenti comunicati. Ovviamente massima solidarietà con chi viene colpito/a per aver voluto esercitare un elementare diritto peraltro (molto teoricamente) garantito pure dalla costituzione (ma già, siamo in pieno stato d’eccezione) i bottegai possono liberamente manifestare in piazza, gli operai ammassarsi in fabbrica per produrre ma manifestare per il 25 aprile o I maggio è reato !)

*Sui fatti di Campo S. Giacomo, a Trieste, nella mattinata del Primo Maggio 2020*


Siamo i compagni e le compagne che hanno retto lo striscione con la scritta “*Il virus uccide Il capitalismo di più*”.

Stamattina ci siamo recati, come molti altri, in Campo S. Giacomo, su
invito della Rete Triestina per il Primo Maggio e della Rete
Antifascista-Antirazzista, per testimoniare il nostro punto di vista sulla
situazione attuale, determinata dall’epidemia di coronavirus e sulle
dinamiche sociali ed economiche dominate da provvedimenti di sospensione –
o quantomeno di forte limitazione – delle libertà individuali e collettive
(diritto di manifestare, diritto di sciopero…), proprio nel momento in
cui il prezzo della crisi è e sarà pagato principalmente dai soggetti più
deboli e sfruttati.

Dopo alcuni minuti nei quali reggevamo lo striscione (tre persone su una
lunghezza di oltre cinque metri, quindi con rispetto delle distanze
prescritte) ed in assenza di altre forme di comportamento e/o azione che
normalmente qualificano una manifestazione – volantinaggi, discorsi
amplificati, corteo, lanci di slogans – funzionari della Digos ci
intimavano di chiudere lo striscione o abbandonarlo a terra, sostenendo che
il suo dispiegamento, di per sé, costituiva una manifestazione non
autorizzata. Di risposta affermavamo che ci limitavamo a reggere lo
striscione stesso con le dovute precauzioni (indossavamo tutti le
mascherine), rispettando le prescrizioni in materia di coronavirus.
Nonostante ciò, la polizia passava alle vie di fatto, avventandosi in forze
per strapparci di mano lo striscione. Tra le urla di disapprovazione e le
proteste dei presenti, i poliziotti hanno di fatto determinato, con il loro
comportamento, una situazione di “faccia a faccia” tra noi e loro e tra
loro stessi, che ha fatto carta straccia di tutte le distanze di sicurezza
tanto propagandate.

Un episodio di tensione da noi non voluto, foriero a detta degli stessi
agenti di possibili denunce a nostro carico: episodio che dimostra una
volta di più come i periodi di emergenza siano sempre e comunque funzionali
a togliere spazi di comunicazione e incontro, ovvero di democrazia reale,
aumentando la discrezionalità e l’onnipotenza delle forze di polizia.

Con la frase riportata, “*Il virus uccide Il capitalismo di più*”,
intendevamo evidenziare la stretta connessione tra la diffusione
dell’epidemia e l’attuale sistema di rapporti sociali e di produzione che,
con la sua logica predatoria e di sfruttamento delle risorse naturali –
minerali ed animali – ed umane, alla ricerca di margini di profitto sempre
maggiori, sta portando l’umanità, sopratutto la sua parte più debole, al
collasso. Non a caso, sembra che l’epidemia sia partita da una delle aree
della Cina più industrializzate ed inquinate, ad altissima densità
abitativa, in funzione della produzione, e in prossimità di allevamenti
intensivi che – per le condizioni di vita degli animali – ne fanno un
probabile diffusore di virus verso gli esseri umani, come denunciato negli
ultimi anni da biologici ed epidemiologi non asserviti al potere economico.

Anche se il virus fosse uscito per sbaglio da qualche laboratorio di
ricerca, altra ipotesi più volte avanzata, ciò non scagionerebbe il
capitalismo dalla sua responsabilità, in quanto quel tipo di ricerca è
determinata dalla sua volontà di manipolazione e dominio della natura, a
scopo di profitto o bellico.

Non a caso in Italia la regione colpita per prima e più delle altre è la
Lombardia, anch’essa ad altissimo tasso di industrializzazione ed
inquinamento atmosferico, con una logica produttivistica, che costringe
centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici a permanere in fabbrica o
in ufficio a stretto contatto per lunghe ore.

Se quindi è corretto individuare nel sistema economico dominante la causa
della pandemia, va evidenziato come la risposta del sistema sanitario
nazionale sia risultata da subito insufficiente ed inadeguata a contenere
la stessa, dopo che negli ultimi 30 anni governi di ogni risma hanno
portato tagli alla sanità, riducendo drasticamente i posti letto,
indebolendo i presidi sanitari, deviando risorse verso le strutture
private, mettendo così a repentaglio la sicurezza di chi opera negli
ospedali. Questo non è avvenuto per errore dei governanti, ma per la loro
subalternità ai poteri economici, agli interessi di chi ha trasformato il
diritto alla salute di tutti in un business per pochi. Peraltro, nel
mentre, enormi risorse economiche sono state drenate a favore delle spese
militari o per “grandi opere” dannose.

Ad oggi, la preoccupazione principale del governo è quella di riaprire le
attività produttive, molte delle quali mai cessate realmente, continuando a
ragionare con la logica del profitto come unico pensiero guida. Il
risultato di tutto ciò è una situazione in cui dovremmo accettare una
comunicazione unidirezionale dal potere verso le masse, la digitalizzazione
dei rapporti sociali, il disciplinamento individuale, la militarizzazione
sociale e territoriale, la possibilità di muoverci solo per lavorare ed
acquistare. Quindi dovremmo accettare l’apparato produttivo di sfruttamento
come l’unico legittimato a far valere le sue ragioni. O riusciamo a lottare
contro tutto questo o tanto vale tenerci il virus…


*DIFENDIAMO LE LIBERTA’ INDIVIDUALI E COLLETTIVE!*

*MAI PIU’ TAGLI ALLA SANITA’!*

*IL VIRUS UCCIDE, IL CAPITALISMO DI PIU’!*

*I compagni e le compagne che tenevano lo striscione*”

Fermati e multati il 1° maggio

In una giornata che ha visto vari atti di repressione poliziesca in giro per la città, tra cui quelli a San Giacomo, segnaliamo il grave e immotivato episodio avvenuto ieri mattina in piazza della Borsa.

Polizia e Digos hanno fermato, trattenuto per oltre un’ora e infine multato cinque compagni e compagne del nostro gruppo. Sono accusati di aver promosso un sit-in in violazione dei decreti anti-coronavirus.

Che cosa stavano facendo? 

Durante una passeggiata due compagni (tenendo le distanze di sicurezza e con tutti i dispositivi sanitari richiesti) volevano brevemente omaggiare  i lavoratori uccisi durante il primo sciopero generale di Trieste del 1902 con l’apposizione di un cartello, l’intenzione di fotografarlo e andarsene senza coinvolgere altre persone. Altre/i si sono fermate/i momentaneamente per apporre dei fiori e, a distanza di alcuni metri, fotografare a loro volta. 

Nessun assembramento, nessun volantinaggio, nessuna intenzione di permanere a fare un sit-in. 

L’assembramento è stato invece creato proprio dall’intervento della polizia che di fatto ha resa statica e prolungata la situazione, fermandoli/le in piazza con diverse automobili e una decina di agenti.

Questa vicenda non ci ha ovviamente intimidito e anche quest’anno siamo stati presenti in questa storica giornata di lotta con una serie di attività sparse in giro per la città. Altri compagni e compagne hanno diffuso il nuovo numero di “Germinal”, apposto cartelli e striscioni, passeggiato con addosso scritte di denuncia contro le spese militari e affinché la crisi economica in corso venga pagata dai ricchi e non dai ceti popolari. E altro ancora.

Ribadiamo che tutte le iniziative sono state effettuate in sicurezza per noi e per il resto delle persone che transitavano in quanto riteniamo la salute e il benessere di TUTTE e TUTTI un bene essenziale a differenza delle istituzioni.

Allo stesso tempo dichiariamo di non essere disposte/i a farci silenziare: continueremo a lottare anche per difendere la libertà di espressione che ognuna/o ha e deve continuare ad avere oggi ed in futuro e per migliorare le condizioni di vita e di lavoro per tutte e tutti, denunciando le iniquità di questo sistema.

Gruppo Anarchico Germinal”

Una risposta a “TRIESTE: Manifestazione del 1 maggio e repressione”

  1. REPRESSIONE ANCHE A PORDENONE
    In frantumi il populismo di sindaco e assessori: la solidarietà è di classe!

    Apprendiamo dalla stampa locale che 3 nostre compagne sarebbero state multate per lo striscione appeso in P.tta del Portello che recitava “non ci sono lavoratori di serie A e di serie B” davanti al palazzo degli industriali il 1 maggio.
    Dopo il tentativo mal riuscito di Sindaco e media di addossarci la responsabilità dell’unica multa data a un commerciante per il presidio che ne coinvolgeva almeno 50, è arrivata puntuale la vendetta del questore Odorisio.
    Con l’arroganza da sceriffo di Nottingham il questore Odorisio sceglie di scagliarsi contro gli anarchici che gli hanno rotto il giocattolo concordato a due mani con il sindaco Ciriani: infatti mentre emanava diffide a noi chiudeva entrambi gli occhi verso chi stava allestendo null’altro che una campagna antigovernativa strumentalizzando le difficoltà di alcuni commercianti.
    Non importa, abbiamo deciso che non potevamo mettere a repentaglio la già precaria condizione di molti che avrebbero partecipato al nostro presidio il 1 maggio e così hanno rischiato alcune di noi, sapendo che la repressione, nella discriminazione più bieca, c’avrebbe colpite, tre su tre!
    Appena la notizia è uscita, giunta prima ai giornalisti e non ancora a noi direttamente (le veline della questura sono meglio di quelle di Barbara D’Urso), è cominciata però la solidarietà di chi attestava di voler contribuire alle multe che ci sono state affibbiate.

    A rompere l’omertà e la paura sono arrivare queste belle prese di posizioni, da gente comune, abituata a conoscere il valore della solidarietà e l’accoglienza.
    Lanciamo a questo proposito un appello benefit per aiutarci a pagare le multe tramite paypal facendo una donazione a pay-pal@libero.it per aiutarci in questa lotta di libertà affinché tutti e tutte siano libere di manifestare, con responsabilità, in sicurezza e senza censure ideologiche a priori.

    A tal proposito approfittiamo per dare la nostra più totale solidarietà alle compagne e compagni multati a Trieste vittime della repressione, così come avvenuto anche in altre parti d’Italia. L’accanimento verso chi non ha amicizie con poteri locali, regionali o governativi, è ormai evidente. Stigmatizziamo invece il silenzio omertoso delle opposizioni partitiche della città, come sempre pavide e inconsistenti ma pronte a lagnarsi perché a vincere sono ducetti e ruffiani, l’opportunismo non sempre paga!
    Lo ribadiamo “non esistono lavoratori né cittadini di serie A e serie B”. A fianco di chi sta patendo questa ennesima crisi (aggravata anche dai ritardi della Regione nell’elaborare e inviare all’Inps le richieste di cassa integrazione in deroga), vicini soprattutto agli ultimi, i non garantiti (a chi dopo due mesi non gli è riconosciuta alcuna indennità) e gli invisibili (colf e badanti che rischiano di non tornare più al lavoro): reddito di quarantena per tutte, sanatoria per i migranti, no alle spese militari!

    Iniziativa Libertaria – Pordenone

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