Gig economy, riders e (soprattutto) sfruttamento

Dopo lo sciopero dei riders del 26 marzo 2021 ha finalmente capitolato Just eat (una delle principali aziende di consegne a domicilio) accettando di assumere con contratto di lavoro subordinato 4000 fattorini. Come si dice: “Dio non paga il sabato ma la lotta paga anche la domenica”.

Di seguito un articolo pubblicato sul n. 11 di “Umanità Nova” in contemporanea allo sciopero:

Una delle ultime frontiere dello sfruttamento capitalistico è data dalla cosiddetta gig economy (“economia dei lavoretti”) definita dalla Treccani come “Modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo, e non sulle prestazioni lavorative stabili e continuative, caratterizzate da maggiori garanzie contrattuali” (1), tra gli esempi tipici gli autisti di Uber e i rider (ciclofattorini) che ci portano a casa cibo e bevande per conto delle aziende di delivery (consegna a domicilio).

La gig economy è il sogno di ogni capitalista: una forma brutale di sfruttamento in cui i lavoratori, privi di ogni diritto, sono completamente isolati l’uno dall’altro e controllati da una piattaforma digitale, malamente retribuiti esclusivamente sulla base del lavoro svolto, licenziabili senza pietà. Ovviamente l’ideologia padronale rappresenta questo modello di organizzazione del lavoro come un mondo idilliaco in cui studenti o lavoratori dedicano ogni tanto una parte del loro tempo libero, divertendosi (magari pedalando allegramente in un delizioso pomeriggio primaverile) e arrotondando il loro reddito preesistente con qualche lavoretto occasionale. Nella realtà dei fatti i lavoratori della gig economy vivono in genere solo di questo lavoro e spesso sono disoccupati di lungo corso o immigrati impossibilitati a trovare impieghi migliori.

Nel caso dei riders l’azienda fornisce una app per smartphone attraverso cui il lavoratore viene chiamato quando serve. Un complesso algoritmo decide chi chiamare e chi no creando una graduatoria basata sulla fedeltà e l’affidabilità. In poche parole: se sei disposto a rispondere sempre e comunque, a qualunque ora e con qualunque tempo alle chiamate sali ai vertici della classifica, se sei meno disponibile perdi posizioni. Se poi hai la sventura di ammalarti o (non sia mai !) decidi di scioperare finisci in fondo e non vieni più chiamato. Ovviamente il lavoratore non ha alcuna garanzia, viene pagato a cottimo con cifre risibili, non gode di ferie, malattie, assicurazioni sul lavoro, deve metterci la bicicletta di suo e persino pagare il borsone per le consegne !

Contrariamente ai sogni padronali questo brutale sfruttamento ha generato forti forme di reazione tra i lavoratori che sono andate via via consolidandosi a partire dal 2016 (proteste a Torino), sia con la formazione di numerosi comitati spontanei sia appoggiandosi ai sindacati di base o a CGIL-CISL-UIL e con la realizzazione di scioperi, colorate manifestazioni per le strade cittadine e riuscite campagne che hanno attirato l’attenzione della stampa.

È interessante notare che, in una società in cui l’immagine è tutto, i riders sembrano fruire di una spontanea corrente di simpatia da parte dell’opinione pubblica (che ha anche influito sulle iniziative della magistratura, come vedremo) mentre le lotte dei lavoratori della logistica vengono violentemente represse dalla polizia e dai tribunali nell’indifferenza generale, come sta accadendo con il recente arresto di sindacalisti del Sicobas a Piacenza.

Tra i successi ottenuti dai ciclofattorini organizzati merita di essere ricordato l’accordo raggiunto nel 2018 tra la Riders Union di Bologna e alcune aziende per definire una serie di diritti minimi (2) e l’inquadramento, nei primi mesi del 2019, dei riders come lavoratori dipendenti nel contratto della logistica riconosciuto da una azienda di Firenze (3). In effetti l’inquadramento dei ciclofattorini nel comparto della logistica sarebbe la soluzione più ovvia, ma è duramente osteggiata dai padroni, che non intendono rinunciare ai loro lauti profitti.

Della questione si è interessata anche la politica ed in particolare il movimento 5 stelle che è stato prodigo di promesse, salvo partorire dopo lunga gestazione il consueto compromesso al ribasso (DL 3 settembre 2019 n. 101, convertito nella legge 128/2019). Ai lavoratori sono stati riconosciuti in via teorica alcuni diritti minimali come la tutela dei dati personali e il diritto alla non discriminazione. Viene stabilito che “L’esclusione dalla piattaforma e le riduzioni delle occasioni di lavoro ascrivibili alla mancata accettazione della prestazione sono vietate”. Viene riconosciuta l’assicurazione INAIL contro gli infortuni, il diritto a percepire un compenso minimo orario (con la conseguente proibizione del cottimo), e un’integrazione salariale nel caso di lavoro notturno, festivo o col maltempo.

Il punto fondamentale, cioè la natura giuridica del rapporto di lavoro, viene però pilatescamente lasciata irrisolta, per cui i ciclofattorini, secondo i casi, possono essere considerati lavoratori parasubordinati (cococo), autonomi o subordinati ! La decisione viene in definitiva demandata ad “accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative”, che – guarda un po’ – possono persino derogare in peggio le norme di legge !

Ed ecco comparire, nel settembre 2020, un accordo capestro sottoscritto dal sindacato postfascista UGL e dall’associazione padronale Assodelivery che getta nuovamente i riders nel calderone del lavoro autonomo e reintroduce dalla finestra quel cottimo che la legge aveva buttato fuori dalla porta. Da notare che sebbene persino il Ministero del Lavoro abbia stigmatizzato l’accordo considerando il sindacato privo della necessaria rappresentatività il contratto mantiene pieno valore legale. Ciliegina sulla torta: l’accordo riconosce i diritti sindacali solo all’UGL stessa e non agli altri sindacati né tantomeno ai numerosi comitati di base. (4)
L’accordo ha suscitato forti reazioni tra i lavoratori, con proclamazioni di agitazioni e scioperi tra cui quello del 26 marzo.

Nel frattempo anche la magistratura, pressata dall’attenzione dell’opinione pubblica, ha assunto iniziative ben più incisive della legge, riconoscendo la natura subordinata del lavoro (Cassazione, 2020) e infliggendo sanzioni alle aziende (clamorosa la richiesta della procura milanese secondo cui 60.000 riders vanno regolarizzati come parasubordinati perché“non sono schiavi”, febbraio 2021). (5)

Se il meccanismo di sfruttamento della gig economy è stato scosso, solo l’auto-organizzazione e la mobilitazione diretta e costante dei lavoratori sostenuta dalla solidarietà generale del proletariato può portare a conquiste durature e consolidarle nel tempo.

Mauro De Agostini

NOTE
(1) https://www.treccani.it/vocabolario/gig-economy_%28Neologismi%29/
(2) https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/16/riders-lalba-di-un-nuovo-sindacato-a-bologna-la-prima-internazionale-e-la-carta-dei-diritti-torino-non-ci-sono-solo-i-tribunali/4295344/
(3) https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/10/rider-a-firenze-i-primi-assunti-a-tempo-indeterminato-con-le-tutele-del-contratto-nazionale-della-logistica/5169206/
(4) Gionata Cavallini, Il Ccnl Rider Ugl-Assodelivery Luci e ombre di un contratto che fa discutere, https://consulentidellavoro.mi.it/rivista-sintesi/articoli-in-evidenza/il-ccnl-rider-ugl-assodelivery-luci-e-ombre-di-un-contratto-che-fa-discutere/
(5) https://www.agi.it/cronaca/news/2021-02-24/uber-eats-procura-milano-indagine-fiscale-11532359/




Una risposta a “Gig economy, riders e (soprattutto) sfruttamento”

  1. Ecco il commento del collettivo Deliverance di Milano all’accordo recentemente raggiunto
    Giornata storica per tutto il movimento rider a pochi giorni dalla più grande mobilitazione nazionale mai vista nel settore che ha avuto un ruolo imprescindibile anche sul risultato strappato in questo rush finale, dopo il No Delivery Day di venerdì 26 Marzo, in cui migliaia di lavoratori hanno partecipato allo sciopero da più di 30 città italiane, con l’ausilio e il supporto di moltissimi consumatori che hanno deciso di boicottare il servizio in solidarietà dei fattorini, un altro passo importante viene calcato sulla strada del riconoscimento dei diritti di tutte e tutti i rider.
    Oggi per la prima volta in Italia, una multinazionale del delivery sigla un contratto, dopo una negoziazione avvenuta tra tutte le parti sociali, avviando un processo che porta la figura del fattorino all’interno del Contratto Collettivo Nazionale della Logistica, Trasporti, Merci e Spedizioni riconoscendo piene tutele alle lavoratrici e ai lavoratori dell’azienda, che saranno tutti assunti finalmente con un contratto di lavoro vero diventando dipendenti.
    Da oggi i rider di Just Eat si vedono riconosciuti una paga oraria, un monte ore garantito in fasce a tempo indeterminato per chi già lavorava con l’azienda (esercitando il diritto di prelazione e potendo indicare le proprie preferenze e disponibilità, senza sottoporsi a un periodo di prova), ferie, malattia, mensilità aggiuntive, trattamento di fine rapporto, congedo parentale, assegni familiari, maggiorazioni, premi di produzione, rimborsi per i mezzi, permessi, assicurazioni e diritti sindacali.
    La retribuzione del personale viaggiante viene riconosciuta ad una cifra comprensiva di tutti gli istituti contrattuali della subordinazione, per un compenso medio pari a 10,15 euro lorde, a partire dal primo anno, come salario d’entrata, fino alla piena applicazione del CCNL Logistica entro due anni. Il gruppo Just Eat Take Away attraverso questo contratto riconosce anche lo status di lavoratori a tutti gli effetti per i suoi corrieri, cambiando assetto organizzativo (passaggio non banale) si impegna a favorire la riqualificazione della natura del rapporto di lavoro riportando la figura del fattorino delle consegne a domicilio nell’alveo del lavoro garantito.
    Vigileremo sul contratto e sulla sua applicazione nei vari processi aziendali battendoci per il suo rispetto e miglioramento. Dalle strade come ogni altra volta partiremo, dalla base e dal basso, come abbiamo sempre fatto. Siamo fieri di poter dire che da un Regolamento Aziendale proposto all’inizio del confronto su livelli salariali in linea con un Contratto Collettivo Nazionale dei Multiservizi siamo riusciti ad ottenere miglioramenti sostanziali.
    Nei prossimi giorni verranno prodotti e diffusi materiali informativi ed esplicativi sulle nuove condizioni contrattuali da parte dell’azienda e delle rappresentanze dei lavoratori. Insieme ai lavoratori organizzeremo nei territori diversi momenti di confronto e di discussione per valutare e condividere meglio le nostre impressioni sul momento di transizione che si sta per aprire in azienda, con importanti ripercussioni anche su tutto il comparto del delivery.
    Crediamo che questo sia soltanto un altro passo fondamentale verso la regolamentazione generale del settore e lo stralcio dell’accordo capestro firmato da UGL e Assodelivery, nella lunga battaglia che ormai da anni portiamo avanti verso il riconoscimento dei nostri diritti. Inalienabili sono i diritti dei lavoratori come la dignità delle persone che reclamano giustizia sociale. La lotta paga sempre e non lo dobbiamo mai dimenticare.
    Aspettiamo notizie anche da Assodelivery a questo punto, perché non dimentichiamo che c’è un tavolo di negoziazione in sospeso con Glovo, Deliveroo, Uber Eats e Social Food sul tema della salute e la sicurezza sanitaria dei lavoratori e una contrattazione da affrontare su tutele e diritti. E noi non ci tireremo certo indietro, aspettando anche notizie dal Ministero e dal Parlamento Europeo.
    Avanti riders, non un passo indietro.
    Non per poi ma per tutt*!
    Deliverance Milano
    https://www.facebook.com/deliverancemilano

    #RiderXiDiritti

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