La distruzione della libertà sindacale in Italia: dallo Statuto dei lavoratori al “Testo unico” del 2014

articolo tratto da “Collegamenti” n. 1, aprile 2021

a) dai consigli di fabbrica alle RSU (1970-1993)

Le mobilitazioni del decennio 1968-1979 avevano conferito al movimento operaio una enorme forza contrattuale, con la nascita spontanea dei consigli di fabbrica e di organismi sindacali di base autogestiti come i CUB e le assemblee autonome. Le burocrazie sindacali erano state costrette a rincorrere le agitazioni con improbabili sforzi unitari (1972 nascita della della federazione sindacale unitaria CGIL-CISL-UIL) e con il riconoscimento dei consigli di fabbrica (ben presto istituzionalizzati)

In questo contesto di mobilitazione generale anche una conquista importante come lo Statuto dei lavoratori (legge 300/1970) era stata percepita come una sorta di compromesso al ribasso.

Ricorda in proposito Luciana Castellina: “È un fatto che anche noi quando in Parlamento venne approvato lo Statuto dei lavoratori, il 20 maggio 1970, quasi ignorammo l’evento; e del resto, come si sa, anche il Pci, sia pure per ragioni diverse dalle nostre, prese le distanze dalla nuova legge; e si astenne.”1

Se questa era la posizione dei settori più moderati della sinistra (come “Il Manifesto”) ben più gravi erano le accuse da parte dei settori più radicali.

In effetti lo Statuto dei lavoratori conteneva alla base un vizio sostanziale che poi si sarebbe trasformato in un valido strumento di repressione delle lotte, quello cioè di attribuire i diritti sindacali non ai lavoratori, ma solo ai sindacati, e non a tutti i sindacati, ma solo a quelli “maggiormente rappresentativi”.

Il Comitato di difesa e di lotta contro la repressione aveva dedicato una attenta analisi alla legge su “Quaderni piacentini” notando con molta lungimiranza:

“Veniamo alle norme sull’attività sindacale e sui poteri del sindacato (art. 19 e segg.), forse la parte più grave dell’intera legge. Si prevede la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali, esclusivamente nell’ambito delle maggiori organizzazioni sindacali; a questi organismi è riservato il monopolio dell’esercizio di attività e diritti fondamentali all’interno dei luoghi di lavoro. Leggi tutto “La distruzione della libertà sindacale in Italia: dallo Statuto dei lavoratori al “Testo unico” del 2014”

Come ti distruggo la scala mobile… Pagine di storia (1978-1992)

“C’era una volta la scala mobile…” La nostra storia potrebbe iniziare così, ma non è una storia a lieto fine (almeno per ora).

Il meccanismo di indicizzazione dei salari all’aumento del costo della vita (noto come “indennità di contingenza” o “scala mobile”) viene introdotto in Italia fin dal 1945 e poi via via modificato fino alla “unificazione del punto di contingenza” nel 1975. Negli anni settanta costituisce un meccanismo fondamentale per mantenere il valore reale dei salari di fronte all’inflazione.

I detrattori della scala mobile hanno sempre sostenuto che il meccanismo contribuiva ad aumentare l’inflazione in una folle rincorsa prezzi-salari che rendeva illusori gli aumenti salariali. Omettono però di ricordare che l’Italia attuava all’epoca regolarmente delle “svalutazioni competitive” per favorire le esportazioni dei prodotti nazionali: la lira veniva svalutata, aumentavano così le esportazioni mentre importare dall’estero diventava meno conveniente, questo meccanismo produceva inflazione a manetta. Se poi lo sommiamo al vertiginoso aumento del prezzo del petrolio (inflazione importata) in atto dal 1973 scopriamo i veri responsabili dell’inflazione a due cifre che caratterizza gli anni settanta. Leggi tutto “Come ti distruggo la scala mobile… Pagine di storia (1978-1992)”

Storia infame del sindacalismo di Stato

Riproponiamo qui in download dall’originale un articolo datato (pubblicato su Collegamenti-wobbly, gennaio-giugno 2003) che tuttavia non ci sembra aver perso di attualità.

Nel testo viene evidenziata la “singolare” continuità tra la normativa fascista (legge 3 aprile 1926 n. 563) che impose il monopolio dei sindacati fascisti fingendo di mantenere la libertà sindacale e l’attuale normativa “democratica” (D.lvo 30 marzo 2001 n. 165) che consegna il monopolio ai sindacati “concertativi”.

Viene affrontato il tema del collateralismo sindacati-partiti che connota tutta la storia d’Italia e il problema della degenerazione burocratica del funzionariato sindacale