In che momento si è fottuto il Messico ? di Claudio Albertani e Fabiana Medina

Claudio Albertani, Fabiana Medina, “In che momento si è fottuto il Messico ?”, quaderni di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe”, luglio 2021.

(per riceverlo scrivere a collegamentiwobbly@gmail.com)

Poco prima dell’uscita del n. 2 della rivista “Collegamenti” esce questo saggio, agile ma ben documentato e di notevole spessore intellettuale, assai utile per comprendere la storia e la situazione attuale del Messico. Il titolo riprende provocatoriamente la domanda “In che momento si era fottuto il Perù” che Vargas Llosa mette in bocca al protagonista del romanzo “Conversazione nella Cattedrale”.

Per il Messico il momento di svolta si ha a metà degli anni 70, quando l’occasione favorevole offerta dall’alto costo del petrolio viene inutilmente sprecata e il paese si avvita in una crisi senza fine. Agli inizi degli anni 80 vengono applicate senza opposizione le ricette neoliberali. Una trasformazione favorita dalle peculiarità messicane: un presidente onnipotente, un partito di fatto unico (il Partido Revolucionario Institucional, PRI), una legislazione sindacale corporativa di derivazione dichiaratamente fascista. Il risultato: smantellamento dei diritti dei lavoratori, svendita a prezzo di saldo delle aziende statali ai soliti amici, devastazioni ambientali e disastri nelle infrastrutture, netto peggioramento delle condizioni economiche di buona parte della popolazione (oggi circa il 40 % ha un reddito inferiore al “paniere alimentare di base”, il minimo vitale

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La distruzione della libertà sindacale in Italia: dallo Statuto dei lavoratori al “Testo unico” del 2014

articolo tratto da “Collegamenti” n. 1, aprile 2021

a) dai consigli di fabbrica alle RSU (1970-1993)

Le mobilitazioni del decennio 1968-1979 avevano conferito al movimento operaio una enorme forza contrattuale, con la nascita spontanea dei consigli di fabbrica e di organismi sindacali di base autogestiti come i CUB e le assemblee autonome. Le burocrazie sindacali erano state costrette a rincorrere le agitazioni con improbabili sforzi unitari (1972 nascita della della federazione sindacale unitaria CGIL-CISL-UIL) e con il riconoscimento dei consigli di fabbrica (ben presto istituzionalizzati)

In questo contesto di mobilitazione generale anche una conquista importante come lo Statuto dei lavoratori (legge 300/1970) era stata percepita come una sorta di compromesso al ribasso.

Ricorda in proposito Luciana Castellina: “È un fatto che anche noi quando in Parlamento venne approvato lo Statuto dei lavoratori, il 20 maggio 1970, quasi ignorammo l’evento; e del resto, come si sa, anche il Pci, sia pure per ragioni diverse dalle nostre, prese le distanze dalla nuova legge; e si astenne.”1

Se questa era la posizione dei settori più moderati della sinistra (come “Il Manifesto”) ben più gravi erano le accuse da parte dei settori più radicali.

In effetti lo Statuto dei lavoratori conteneva alla base un vizio sostanziale che poi si sarebbe trasformato in un valido strumento di repressione delle lotte, quello cioè di attribuire i diritti sindacali non ai lavoratori, ma solo ai sindacati, e non a tutti i sindacati, ma solo a quelli “maggiormente rappresentativi”.

Il Comitato di difesa e di lotta contro la repressione aveva dedicato una attenta analisi alla legge su “Quaderni piacentini” notando con molta lungimiranza:

“Veniamo alle norme sull’attività sindacale e sui poteri del sindacato (art. 19 e segg.), forse la parte più grave dell’intera legge. Si prevede la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali, esclusivamente nell’ambito delle maggiori organizzazioni sindacali; a questi organismi è riservato il monopolio dell’esercizio di attività e diritti fondamentali all’interno dei luoghi di lavoro. Leggi tutto “La distruzione della libertà sindacale in Italia: dallo Statuto dei lavoratori al “Testo unico” del 2014”

Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe (aprile 2021)

Dopo lunga assenza ricompare, denso (secondo la migliore tradizione) di analisi corpose, la rivista “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” di cui è appena uscito il numero 1, aprile 2021 per il momento in formato digitale.

Il periodico nasce negli anni Settanta dall’incontro tra:

“1. La tradizione anarchica nella sua versione classista e comunista liberata da incrostazioni ideologiche e da rigidità autoreferenziali.
2. La sinistra comunista tedesco-olandese e, in genere, la tematica consiliare

Il numero del 2016

fuori da ogni impianto determinista.
3. La scuola della composizione di classe di cui si riprendevano le radici antiburocratiche.” (A rivista anarchica, marzo 2002)

Ed ha conosciuto fino ad ora diverse serie, inclusa una falsa partenza nel 2016 

Riportiamo l’indice del n. 1/2021:

Leggi tutto “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe (aprile 2021)”

EMMA e Collegamenti: due novità nel panorama dei periodici libertari

E’ sempre doloroso registrare la chiusura di un periodico anarchico, come quella di A Rivista anarchica (di cui abbiamo diffusamente parlato).

Oggi invece possiamo registrare la nascita di ben due periodici nuovi:

Il semestrale EMMA (con sottotitolo ” Culture e pensieri libertari”) di cui a marzo 2021 è uscito il primo numero sembrerebbe intenzionato a raccogliere il testimone lasciato da A rivista anarchica. Il nome è ripreso da da “Emma Goldman, anarchica dallo sguardo lucido e tagliente che ha saputo decifrare il suo tempo e prevederne le derive”.

e, vecchia conoscenza, la rivista “Collegamenti Wobbly” che sta per risorgere dalle sue ceneri in una delle sue numerose reincarnazioni, (dopo la falsa ripartenza del 2016).

In attesa di poterla leggere riportiamo una vecchia presentazione che ne ripercorre la storia (da A marzo 2002):

Collegamenti Wobbly si presenta Leggi tutto “EMMA e Collegamenti: due novità nel panorama dei periodici libertari”