Sono torinese di nascita e non di adozione, ho frequentato numerosissimi “Salone del Libro” di Torino perché mi piacciono i libri e perché mi è sempre venuto comodo andarci, mantengo ancor una buona memoria e detesto i fascismi e in genere tutte le forme dittatoriali o autoritarie e tante altre cose che sarebbe troppo lungo dilungarmi qui.
Ricordo bene, dunque, da lontano frequentatore di quel salone con la S maiuscola, di aver sempre impattato, ahimè!, in case editrici di estrema destra, fasciste o, persino, amichevolmente naziste: piccole case editrici, di piccole città, animate e sostenute da piccoli (e miserrimi) accoliti. Questa case editrici facevano parte di quel variegato mondo inclassificabile che andava sotto il nome di editoria indipendente e che, al pari della musica non omologata, si annoverava in quel novero di produzioni sottratte alla grande produzione e distribuzione del capitale librario. L’articolo di Pietro Stara segue su “Umanità Nova”