SUL CORTEO TRIESTINO DEL 13 APRILE “PRIMA LE PERSONE”

Viviamo in tempi cupi. Il razzismo che ci circonda è ormai entrato in maniera esplicita in ogni ambito collettivo e permea le nostre società. Gli argini si sono rotti: essere razzisti è diventato normale, un’opinione come un altra. Del resto la legittimazione arriva “dall’alto”: leggi sempre più apertamente razziste, decreti per l’ordine pubblico sempre più repressivi, l’ossessione per il “decoro”, delineano una progressione autoritaria del campo politico.

Di fronte a tutto ciò, scendere in piazza contro il razzismo è ovviamente giusto e necessario, ed in questo senso l’iniziativa del 13 aprile -promossa da una rete di associazioni che operano nel campo della solidarietà- non è sicuramente un fatto negativo.

Vi sono però delle questioni politiche che non possono restare sotto il tappeto, se si vuole che l’antirazzismo sia una pratica concreta, coerente, quotidiana. La lotta alle politiche del governo giallo-verde non può che essere netta e radicale; occorre però guardarsi bene dai “compagni di strada” che questa lotta può portarci a trovare nelle piazze.

In questo senso l’entusiastica adesione del PD regionale e delle sue varie filiazioni (esattamente come avvenuto al corteo di Milano del 2 marzo di cui l’appuntamento triestino è “figlio”) pone una pesante ipoteca sulla giornata. Le politiche portate avanti da questo partito negli ultimi vent’anni sono state all’insegna di un razzismo di Stato che,al netto di una effettiva accelerazione, sono in perfetta continuità con quelle attuali. Gli esempi purtroppo non mancano: dai lager per migranti denominati Cpt creati nel 1998 dalla legge Turco-Napolitano agli attuali Cpr promossi dal Ministro Minniti, dal vanto per aver totalizzato un numero maggiore di espulsioni rispetto all’attuale governo, alle pratiche di esternalizzazione delle frontiere, con i finanziamenti a Libia e Turchia. In generale, il Pd è complessivamente corresponsabile della progressiva chiusura di pressochè ogni canale di ingresso e soggiorno legali in Italia,causa originaria dei viaggi della disperazione e di ciò che ne consegue, anche in termini di vite umane.

Tutti questi fatti -non opinioni, fatti- non possono essere dimenticati in nome del nemico comune attuale, soprattutto poiché sono i diretti responsabili in primis a rivendicarli. Se ne vantano loro, dovremmo scordarcene noi?

La chiarezza è necessaria se si vuole che i movimenti antirazzisti escano dalla mera testimonianza etica e vadano ad aggredire le cause strutturali -economiche, politiche e sociali- dell’attuale deriva. In questo senso crediamo che un antirazzismo basato esclusivamente su assunti morali sia un’arma spuntata. Dire di essere contro lo sfruttamento e di lottare per casa, scuola, lavoro/reddito e salute è artificio retorico (per quanto in buona fede) se non si individuano i responsabili del disastro sociale in cui stiamo affondando. E i responsabili sono tutti i governi che si sono succeduti, sono i padroni che lucrano sulle nostre vite, sono le multinazionali che avvelenano e affamano il pianeta, sono gli organismi sovranazionali come Fondo Monetario e Banca Mondiale…

In questo senso le politiche antipopolari portate avanti dai governi di centro-sinistra non si discostano nella sostanza da quelle dei governi di centro-destra.

La lotta contro il razzismo deve perciò innervarsi in una più complessiva critica del sistema sociale vigente. Se da un lato non possiamo esimerci dal riconoscere i (relativi) privilegi derivanti dalla bianchezza e dalla cittadinanza europea, dall’altro dobbiamo essere ben consapevoli di chi sono i soggetti che detengono il potere politico ed economico.

Questa consapevolezza può essere il primo passo. Solo ponendoci come obiettivo la radicale distruzione del concetto stesso di “Fortezza Europa”, attraverso la costruzione di alleanze dal basso che sappiano individuare obiettivi concreti e materiali, potremo (forse) uscire dal pantano in cui siamo immers@

Per tutte queste ragioni non possiamo assumere come nostra la manifestazione del 13 aprile, anche se auspichiamo che tanta gente scenda in piazza avendo però chiaro chi sono i compagni di lotta e chi scende in strada solo per opportunismo politico.

Gruppo Anarchico Germinal – Trieste

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